Dopo un attenta e lunga ricerca sul posto migliore dove festeggiare il nostro terzo anniversario, la scelta è caduta su questo posto, da tempo nella lista dei ristoranti da visitare.
Ambiente moderno, linee piuttosto essenziali e minimal, reso però abbastanza caldo ed accogliente dallo spatolato sull'arancione alle pareti, da grandi acquarelli alle pareti, e dalla presenza di vari elementi dell'arredo in legno. Sala da 40 posti, occhio e croce, ma pensiamo che difficilmente si riempiano tutti, soprattutto la sera, quindi si può essere sicuri che la rumorosità complessiva sarà di appena qualche decibel. Piccola critica sulla toilette, dove avremmo pensato di trovare piccoli asciugamani di stoffa, piuttosto che il dispenser di salviette di carta.
Dopo la massima disponibilità da parte del cameriere ad illustrarci il menù (senza prezzi per Silvia, con per Marco - scontato in questo genere di locali, ma non sempre), ed a risolvere i nostri dubbi circa l'approvvigionamento del pesce (in questi giorni di blocco), optiamo per due menù degustazione medi (otto portate), accompagnati da una degustazione di vini al calice. Pur essendo la composizione del menù a scelta dello chef, all'unanimità chiediamo di inserire anche un assaggio del risotto al parmigiano ed aceto balsamico: più volte in numerosi locali abbiamo preso questo tipo di primo, rimanendo invariabilmente delusi. Decidiamo quindi di mettere alla prova lo chef.
Nel frattempo ci vengono serviti due calici di champagne Luis Roederer, che non conoscevamo, molto buono, tanto che ne prendiamo altri due. Ci viene offerto anche un bicchierino con un piccolo ma gustoso potage di cipolla, con due striscioline di gnocco fritto.
Accompagnati do una buona Malvasia piacentina Sorriso di Cielo La Tosa, arrivano dei gamberetti rossi siciliani crudi, accostati ad una gelatina di frutti di bosco, fragole lievemente caramellate, e tre piccoli asparagi di mare. Viene a presentarsi, ed a presentarci il piatto direttamente lo chef Luca Marchini, , forse un pizzico cerimonioso, certamente compito e professionale. Molto fresco il piatto, poco saporita la gelatina, anche se forse un sapore deciso avrebbe stonato un po'.
Seguiamo con una mousse di storione appoggiato su una leggera riduzione di arancia caramellata, con tre pezzettini di tempura di verdure (peperone, zucchino, asparago). Molto buono ed interessante l'accostamento, in particolare col dolce dell'arancia e dello zucchino. Forse per questo avremmo suggerito l'inserimento della carota, magari al posto del peperone.
Accompagnato da un superbo Chardonnay Tormaresca, ci vengono proposti con molluschi, frutta secca (mela e ananas), cipolla rossa e pomodorini disidratati, il tutto legato da una vellutata di ceci. Qui iniziamo a capire che il modello cui si ispira lo chef non è né quello della successione di sapori, ne quello della loro fusione, ma l'accostamento armonico di materie diverse, da assaggiare in un'unica esperienza. Esperimento riuscito in modo sublime, degnamente incoronato dall'importante struttura dello Chardonnay.
Seguiamo con degli gnocchi di sole fave, tenuti insieme da appena un 10% di mais, e perciò molto leggeri, accostati a funghi prugnoli essiccati, su una base di parmigiano e pepe bianco (in cui si intravedeva una nota di noce moscata). Mentre ci gustiamo felici anche questo assaggio, viene lo chef a confermarci che in questo periodo sta lavorando e sperimentando molto circa l'uso dell'essiccatore.
Passiamo ad un Lagrein Porphyr delle Cantine di Terlano, che cerca di difendersi dal piatto più ostico (in termini di abbinamento) di tutta la serata: il risotto. Cotto con crema di parmigiano di vacche rosse reggiane, ci viene presentato con un'aggiunta di aceto balsamico in sala. Di fatto la dominante del piatto è il parmigiano, e l'aceto risulta sostanzialmente un aggiunta, ma l'equilibrio creato è notevole, e finalmente ci gustiamo un risotto come si deve (e forse anche qualcosa di più). Da segnalare l'inserimento di una chip croccante di parmigiano fuso, scelta ardita per la difficoltà di lavorazione del formaggio, ma decisamente riuscita. Seguono dei passatelli asciutti con ragout di sovracoscia di pollo, uvetta cilena, ristretto di brodo di cappone. Il loro unico difetto è stato quello di essere venuti dopo il risotto, e anche dopo tutto il resto: la fame era ormai passata da un po' ed iniziavo un po' a chiederci quanta roba ci sarebbe ancora stata.
Continuiamo con un maialino da latte in porchetta, che viene cotto a bassa temperatura sottovuoto per 20 ore, ed appena saltato in padella, con spinaci e scalogno glassato. Qui abbiamo dimenticato l'accostamento dei sapori giustapposti, concentrandoci in particolare sulla carne, talmente buona, tenera e delicata, che ci ha fatto scordare l'appesantimento di un attimo prima. Sublime.
Ci viene alla fine proposto un passito siciliano, che aveva dentro tutti gli odori della frutta essicata al sole. Peccato solo non ricordarsi né il nome, né la casa, perché procurarsene una bottiglia sarebbe decisamente un bel colpo. Il dolce è una mousse di mascarpone e formaggio caprino alla liquirizia, sovrastata da una specie di composta di banana, il tutto senza zucchero, un filo di aceto balsamico, con una lieve granellatura di frutta secca spolverata con zucchero a velo. Questo è stato per noi non il piatto più buono, ma sicuramente il più interessante e stimolante. Ogni elemento di per se non era né gustoso né dolce, ma l'accostamento del tutto raggiungeva un equilibrio di sapore e di consistenza veramente incredibile. Ogni cucchiaiata rivelava un aspetto nuovo e diverso di un dolce per nulla banale, provocatorio ma delicato, e soprattutto senza zucchero!!!
Caffè, accompagnato da piccoli pasticcini, e per concludere due differenti cognac di cui uno, “Grand Campagne”, più forte e marcato. Anche qui purtroppo i nomi e le cantine si sono persi nel turbinio di assaggi.
Conto finale 160 € in due: 55 il menù degustazione medio, e 25 la degustazione di vini. Coperto compreso nel prezzo, e champagne di aperitivo (8 € e qualcosa sul menù) evidentemente offerto. Prezzo sicuramente importante, ma ampiamente previsto, e forse anche contenuto in rapporto alla qualità .
Giudizio: siamo stati una buona mezz'ora a scomporre e ricomporre tutte le buone motivazioni per dare 4 o 5 cappelli, non venendone a capo. Di recente abbiamo dato una serie di 4 cappelli, ma i locali in questione non sono confrontabili nel modo più assoluto. Qui si impone una maggiore complessità di giudizio.
Essendo lo chef un allievo di Bottura, per buona parte della serata abbiamo maliziosamente scrutato le possibili somiglianze e reminescenze, concludendo però che Marchini ha invece sviluppato una propria fisionomia e personalità . Vi è una ricerca sulla chimica e la struttura delle materie prime, ma non esasperata, e tesa sempre ad un equilibrio delicato. Le porzioni sono complessivamente abbondanti, ed anzi una volta usciti dal locale (era ormai mezzanotte e mezza), due passi fino a piazza Grande sono stati piacevoli ed al contempo necessari. Abbiamo apprezzato molto anche il fatto che lo chef stia passando un periodo di sperimentazione (dell'essiccatore): è importante per un cuoco avere delle fasi di innamoramento, e che le passioni vengano sviscerate e continuamente ricomposte. Solo così la cucina creativa risulta veramente tale. Ci siamo goduti molto la disponibilità al confronto sia del maitre che di Marchini, che ci ha sopportati per ¼ d'ora in piedi sulla porta, rispondendo a domande, accogliendo commenti e finanche consigli.
La brillante creatività al contempo non ci pare ancora completa, e non tutti i piatti sono riusciti ad emozionarci. Una buona parte dei meriti va sicuramente al maitre, ed alla sua incredibile capacità di “incorniciare” e coronare i piatti col vino giusto. La selezione di grappe e liquori ci è sembrata invece sottotono, rispetto alla varietà e qualità della carta dei vini. Si tratta però solo di un'impressione, non avendo scrutato da vicino le mensole degli “spirits”.
Per questi motivi, per queste sottigliezze, a malincuore assegniamo “solo” quattro cappelli: non è un discorso di prudenza, perché lo chef e tutto lo staff hanno enormi potenzialità (Marchini iniziò a lavare l'insalata da Bottura appena dieci anni fa!), grande fantasia e grosse competenze. E non vogliamo nemmeno essere di “stimolo”, perché pensiamo che l'Erba del Re non ne abbia grandi necessità .
� un 4 di attesa!!! Il locale è sicuramente in ascesa, e vorremmo provare e riprovare la sua storia futura.
Complimenti, complimenti, complimenti!!!
Consigliatissimo!!
[squarza]
11/06/2008
bello da leggere, facile da immaginare...vien proprio voglia di andare
in effetti rileggendo bene il menù, le vostre considerazioni, il prezzo finale e la mia personale inclinazione verso un certo tipo di cucina sarei per i 5 cappelli.
Ancora complimenti per la recensione, che ancora una volta dimostra come la descrittività anche delle sensazioni, sia alla base di un giudizio completo, dove il numero dei cappelli non è l'unico aspetto importante.