L’erba del re è un posto che affascina , seduce, conquista.
Il fascino tentatore.
E’ bello mangiare in certi posti, in certi modi.
Il locale è quasi in centro, in un angolo caratteristico del cuore di Modena. E’ facilmente raggiungibile anche a piedi dalle stazioni (treni ed autobus). Arrivando in auto si può contare sui parcheggi a pagamento nelle vicinanze.
Individuarlo non è facilissimo, difatti si nasconde umilmente in galleria.
All’interno il locale è piacevole, moderno, senza fronzoli. Si accede in reception tramite una doppia porta a vetri. La cucina è a vista, ed a questo punto non penso più a nulla che non sia golosità.
Ci sono già altre descrizioni in merito agli interni (anche sul sito del ristorante), aggiungo solo che lo sguardo si sofferma golosamente intorno alla nicchia degli “spirits”, ed indugia sognante verso le luminose mensole di vetro su cui sono riposti i vari bicchieri.
I tavoli tondi della sala grande sono apparecchiati in maniera essenziale al momento di accomodarsi.
Flute e bicchiere da acqua, piattino per il pane con coltello, tovagliolo. Non c’è altro sull’immacolata tovaglia su cui veglia una statuina sdraiata.
Una volta seduti arrivano i menu. Per le signore, che possono contare anche di un “appoggio” per le borse accanto alla sedia, le carte sono senza prezzi.
Dopo essersi interessati al fatto che gradissimo dell’acqua, ci lasciano il giusto tempo per consultare le proposte (torneranno da noi quando avremo deciso).
Oggi non siederemo a tavola tanto per mangiare quanto per degustare, essere coccolati dal servizio, e lasciarci tentare dalle meraviglie di Bacco.
Le promesse del buono.
5 i menu proposti, di cui due degustazione (6 e 10 portate, con possibilità di abbinamento di vini).
3 le sezioni da cui attingere per scegliere alla carta.
550 circa le etichette disponibili in cantina.
Non mi dilungo oltre in quanto si possono trovare dettagliate informazioni sul sito del locale.
Grazie alla disponibilità della gestione (integreranno con piatti fuori menu) riusciamo ad individuare allettanti proposte a base di pesce; optiamo quindi per aperitivo e menu da sei portate con abbinamento di vini al calice.
La seduzione.
Il piacere della tavola.
Aperitivo.
Iniziamo con una flute di Franciacorta Monte Rossa.
L’emozione vissuta per quanto ci aspettava mi gioca ora un brutto scherzo.
Ebbro prima di bere, l’unico ricordo vivo che mi resta è legato ai “grissini”; di questi posso dire che si presentano come lunghe e strette strisce spesse(delle dimensioni delle tagliatelle), ricordano un po’ lo gnocco per l’idea del salato e fritto, e per i bordi seghettati. Croccanti e golosi … è solo l’inizio.
Assieme alla pasta fritta servita nel panciuto bicchiere riempito di sale grosso, arrivano anche gli amouse-bouche;un micro tortino alla crema di parmigiano con cialdina e salsa di squacquerone, ed un bicchierino di crema di patate con pomodoro (credo si trattasse di pomodoro per quanto ascoltato, anche se il ricordo del sapore è legato al peperone) … si inizia a fare sul serio.
E’ già goduria mentre ci portano il pane (fatto in casa con diversi tipi di lievito madre) nelle sue varie qualità: bianco dalla crosta croccante, pane con le noci, gnocchino e grissini. Il tutto è presentato su di una lastra di pietra nera, come per esaltare il prodotto giocando con i contrasti di colore.
Per quanto mi ricordo del vino, dall’etichetta posso azzardare si trattasse di un Cabochon Brut Millesimato. Purtroppo, tutto il resto ... évanouit dans les bulles …
Antipasto.
Iniziamo con un Pinot Bianco di Schiopetto 2008, personalmente il più gradito dei vini tra quelli che ci verranno proposti, elegante e molto persistente.
Il primo degli antipasti è una tartare di pesce bianco, servito con mousse di mandorle e brodo di cipolla.
Mi ha subito colpito “l’aspetto cromatico” della portata. Il bianco domina nelle sue sfumature e l’unica nota di colore è data da tre foglioline. Trovo la cosa originale, se non addirittura bizzarra, ma più che l’aspetto è il gioco delle temperature che caratterizza il piatto.
Alla tartare, su cui è colato un candido sbuffo di mousse di mandorla, viene aggiunto il brodo di cipolla tiepido solamente al momento del servizio al tavolo.
Netti aromi giungono al naso mentre affondo il primo colpo.
La mousse quasi scricchiola ferita dal cucchiaio, delicatissima di gusto come per consistenza.
Il sapore del pesce, di tre tipi diversi, è godurioso, viene quasi esaltato dal tepore del brodo in cui la nota di cipolla risulta morbida e rotonda.
Ottimo piatto dai sapori armoniosi, ideale per iniziare, sia per il palato che per lo stomaco.
Proseguiamo con un Zibibbo secco di Gibelè vendemmia 2009, dai profumi particolari ed intensi, ma che svanisce presto in bocca.
I gamberi in salsa cocktail sono la seconda proposta come antipasto.
Da un mare giallo spiccano le code già sgusciate. Ottimo aspetto, polpa bianca ed il tocco di un rosso vivo che fa pensare ad un prodotto dei mari della Sicilia. Il sapore è spettacolare!
I gamberi sono stati saltati in padella e vengono serviti a temperatura ambiente su di un fondo di crema inglese salata dalla consistenza rumorosamente spumosa. La delicatezza della tiepida “salsa” viene arricchita da alcune gocce di ristretto di worcester sauce.
Un piatto esaltante, colori e sapori si fanno importanti.
Le minestre.
La prima proposta è una verticale di ravioli con cappero e grattugiata di bottarga con parallela di distillato di erbette (questa descrizione l’ho un po’ inventata, non ricordando la voce in menu).
Una sfoglia gialla, ruvida ma leggera, racchiude il baccalà mantecato che ben si sposa con il Gibelè. Cappero e bottarga si fanno sentire con delicatezza, ed il giocare con la traccia di verde, diventa diletto personalissimo.
Devo dire che è stato il piatto che mi ha entusiasmato meno (ci devono pur essere gli estremi), forse anche perché la portata precedente era veramente “importante”.
Cambiamo vino, ed a sentire “Quarz” mi lascio scappare un “ahhh” di decisa approvazione. I piacevolissimi ricordi del 2004 di Terlano restano tali, il 2009 è forse ancora troppo giovane per esprimere al meglio il suo carattere.
Mi dispiace non ricordare esattamente il “nome” del piatto che ho preferito, anche perché già la descrizione risulta accattivante.
Pasta ripiena con pesce … “alla Modenese” … semplicemente esaltanti!
Premetto, non essendo modenese, che ritenevo che i tortelli alla vecchia Modena venissero chiamati così per il condimento. Ho da poco appreso che sono due le varianti dei vecchia Modena: una legata al condimento, ed una legata a sfoglia e ripieno.
La proposta de “L’erba del Re” poteva forse non essere quella con la sfoglia verde?!
Sfoglia perfetta, ripieno esplosivo, condimento tradizionale per il parmigiano, ma anche provocatorio e sorprendente per il limone presente in due consistenze.
Al leggero piacere di vincere la profumata sfoglia, segue un’intensa soddisfazione nel gustare il ripieno. La consistenza “croccante” ed il sapore del gamberetto sono quasi emozionanti. Il parmigiano del condimento diventa una nota di salato rubata al mare come dono per la pasta ripiena. Le scorzette sui tortelli sono come una leggera sferzata che si addolcirà nella salsa di limone candito e fogliolina di salvia.
Secondo … oppure un’altro primo?
"Zuppa asciutta" di crostacei, pesce bianco e molluschi, legumi verdi, porcini, pinoli e zenzero.
Se la portata precedente era esaltante per i sapori, questa è perfetta nel suo insieme.
La presentazione denota una profonda ed attenta cura nella preparazione dei singoli ingredienti, è evidente il lavoro necessario per proporre un piatto come questo (mi vien da pensare al solo dettaglio delle cotture diverse ).
Superfluo commentare il piacere del palato, mi ritrovo perfino piacevolmente sorpreso dall’abbinata cozze-cavolini di bruxelles, pur non essendo un amante di tali ortaggi (non indifferente anche la nota cromatica arancio-verde vivo).
P.S.: devo confessare che non è stato possibile resistere alla tentazione di “scarpettare” il ristretto di crostacei … non poteva essere soltanto decorativo …
Il Malbo Gentile di Opera02 in abbinamento risulterà molto piacevole, decisamente un tipo di vino che inizio a gradire.
Il dolce fine ...
L’avant-dessert.
Una morbida consistenza di formaggi (caprino, parmigiano, mascarpone) con mousse di pera e gocce di balsamico ci stupirà con un’esplosione di gusto.
Trovo quasi magico come così poco (per quantità) possa dare così tanto … chapeau!
Il dessert.
A questo punto del pranzo le scelte si differenziano, ed altra piacevole e gradita sorpresa, potremo godere di due assaggi di vino.
Donna Daria La Montecchia 2001.
Vin santo Antinori 1994.
Per quanto importanti possano essere i bicchieri proposti, a mio parere, non reggono il confronto con i dolci che la cucina di un locale di questo livello può offrire.
Opterò per una scelta “tradizionale”, decisamente più audace quella della mia compagna.
Gnocco fritto con cioccolato al latte, prosciutto d.o.p. di Modena, frangipane alle amarene, crema al latte.
Questa proposta è un po’ un sunto di come si mangia “il gnocco”: fresco con l’affettato, il giorno dopo nel caffèlatte.
Per quanto possa sembrare strano come dessert, devo dire che “il gnocco” (in formato bocconcino) si riconferma sorprendente e godurioso.
La prima sensazione al palato è dovuta alla pasta dal ricordo del fritto ed alla “scaglia” di crudo, poi segue l’esplosione del ripieno … la mousse di cioccolato al latte … un tuffo nel torpore mattutino.
Consigliatissimo l’assaggio, anche se mi sembra che la presentazione sia ancora in evoluzione, indice chiarissimo della continua “ricerca” dello chef.
Non ricordo la descrizione della mousse di cioccolato (bianco e latte) a strati con granella di torta di Mars fatti in casa e dadolata di melanzane saltate in padella. Personalmente non lo ho assaggiato, ma continuano a ripetermi che era libidinoso …
La forma del servizio.
Ammetto che non ho la cultura necessaria per conoscere i dettagli di un servizio formale, e ad essere sincero non mi aspetto proprio di trovarlo in un ristorante “moderno”.
Il trattamento riservatoci è stato garbatamente discreto, come gli interventi al tavolo da parte dello chef con cui ci siamo lungamente trattenuti a fine pranzo.
Molto presente in sala la professionale sommelière che non si è risparmiata nel prepararci i calici (avvinandoli ogni volta) su di un apposito carrello lasciando poi in vista la bottiglia.
Piccole finezze e gesti quasi dimenticati, come il ripulire il tavolo dalle briciole con la “spatola”, ci hanno accompagnato per tutta la durata del pranzo che è stato ulteriormente allietato da un piacevole sottofondo musicale.
Precise le indicazioni sulle preparazioni dei piatti e del nettare d’accompagnamento, come puntuali sono state le sostituzioni di coperto per ogni portata.
La nostalgia al traguardo.
Piccola pasticceria (meringhe all’arancio tipo baci di dama, spettacolare tortino tipo Barozzi, marshmallow al kiwi di una spumosità aerea, frollino al cocco) accompagnano i caffè selezione Leonardo Lelli.
Il ritorno alla realtà.
183€ così suddivisi: 110 i menu degustazione da sei portate, 60 l’abbinamento dei vini, 13 gli aperitivi.
Non si può limitare a “pranzo” la definizione di quello che abbiamo vissuto, e non è purtroppo esperienza da potersi ripetere giornalmente.
La resa alla conquista.
Cinque minuti in più tra una portata e l’altra, forse, non avrebbero guastato (due ore e mezza circa la nostra permanenza). Rimpiango un po’ il fatto di non aver trovato le giuste pause per riflettere sulle sensazioni e per poterle condividere; comunque, il ricordo di quest’esperienza, ci accompagnerà per lungo tempo, aprendo la nostra mente ad altri modi di affrontare i piaceri che può offrire l’arte culinaria.
Per me imperdibile, pura goduria!
Imperdibile!!!
[mizoguccini]
10/03/2011